Antonio Saladino, l’imprenditore calabrese al centro della vicenda Why Not,ha dichiarato ai giudici che lo indagano e fatto sapere ai giornali, che lui ha solo offerto lavoro a chi non ne aveva,svolgendo così una funzione di pubblica utilità.
Visto il contesto in cui si muove Saladino - la cattolicissima Compagnia delle Opere – verrebbe da chiedere , se non si rischiasse la blasfemia, di farlo santo subito.
Probabilmente Saladino crede davvero a quello che dice, e come lui la pensano i tanti politici e funzionari pubblici che sono stati complici di questa vasta operazione clientelare che ha visto l’assunzione di centinaia di giovani nelle varie imprese gestite da Saladino e chiamate con appalti ed affidamenti compiacenti a fornire servizi a Regione ed Enti vari.
Forse però, un serio esame di coscienza – tanto per restare sul terreno religioso – potrebbe consentire a Saladino ed ai suoi sodali di prendere atto che chi fa clientela in contesti di sottosviluppo come quello calabrese e meridionale in genere è doppiamente colpevole:1) perché toglie la dignità ai tanti giovani e alle loro famiglie che si devono piegare a questi sistemi per ottenere un lavoro; 2) perché toglie la speranza alle migliaia di giovani ed alle loro famiglie che non hanno trovato il canale giusto, o, più semplicemente, si sono rifiutati di svendere la propria dignità perché si ostinano ancora a credere che studio e sacrificio, competenza ed impegno debbono essere sufficienti per trovare un lavoro, anche a costo di lasciare la propria terra.
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