Il congresso di fondazione del PDL mi ha dato l’occasione di riflettere su quanto sia indispensabile per la libertà di un paese la presenza di una molteplicità di giornali; talmente indispensabile da farmi ritenere che i giornali siano una delle poche cose private che meritino un finanziamento pubblico. Naturalmente è necessario individuare forme di finanziamento che garantiscano l’indipendenza e l’autonomia delle testate, criteri trasparenti ed imparziali nell’erogazione dei contributi, ecc.ecc. Ciò che mi sembra davvero importante e fondamentale, comunque, è che le difficoltà di mercato non portino ad una progressiva eliminazione del pluralismo informativo, perché ciò minerebbe alle basi la democrazia nel nostro Paese.
Qualcuno dirà: ma questo pistolotto, che c’azzecca col congresso del PDL? C’azzecca,c’azzecca.
La mattina, quando posso, seguo alla radio la rassegna stampa (ne trovate diverse a vari orari: 7,15-8,00 su Rai3; 7,30-8,00 su Radio24; 7,30-8,30 su radio Radicale; 8,30-9,15 su GRparlamento).
Sabato mattina ho potuto così avere una panoramica sui commenti dei vari giornali sulla giornata di apertura del congresso di fondazione del PDL e sul discorso inaugurale di Berlusconi,che avevo visto in televisione la sera prima sui vari TG e integralmente su SKY.
Man mano che la lettura dei giornali andava avanti, avevo modo di gustare, sì, proprio “gustare”, la ricchezza di analisi, gli stimoli alla riflessione, la “decodificazione” di quanto avvenuto alla Nuova Fiera di Roma.
La televisione ci aveva trasmesso l’immagine patinata ,tutta ben costruita scenograficamente, di un leader e della sua apoteosi: un’informazione per sua stessa natura accattivante ma sbrigativa, e perciò – nel bene e nel male- massificante. Il giornale no, la sua lettura ti costringe a ragionare, ad approfondire, a cogliere aspetti che l’occhio della telecamera non riesce a penetrare. Così mi sono ritrovato a riflettere su come la lettura dei giornali aveva contribuito a modificare l’opinione che sul congresso del PDL mi ero fatta la sera prima davanti alla Tv.
Molti – specie a sinistra - sono convinti che il successo politico di Berlusconi derivi dal suo dominio televisivo, e, conseguentemente, ritengono che per contrastare Berlusconi bisogna innanzi tutto togliergli qualche televisione. Fermo restando che il conflitto d’interessi è un problema vero e che sarebbe il caso che venisse finalmente affrontato e risolto con una normativa seria, io credo che l’antidoto vero al “grande fratello” televisivo sia aiutare le persone a farsi una propria opinione,a ragionare con la propria testa, a non mandare il cervello all’ammasso: in questo i giornali sono una strumento indispensabile, perciò la loro esistenza, autonomia ed indipendenza vanno difese e tutelate.
P.S.:tra i vari commenti sulla nascita del PDL, ve ne segnalo due a mio avviso particolarmente illuminanti: “Conservatori e liberali”, di Luca Ricolfi su “La Stampa”; e “Il Messia perenne.Quindici anni ed è sempre nuovo”, di Antonio Polito su “Il Riformista”.
Infine, vi segnalo che sul sito Governo.it c’è un’ottima e pressoché completa rassegna stampa quotidiana.
domenica 29 marzo 2009
martedì 17 marzo 2009
Solidarietà nazionale per uscire dalla crisi
In tempo di crisi, c'è un gran discutere attorno alle soluzioni per uscirne.
Ognuno ha la sua, e non c'è giorno senza una richiesta di categoria, una proposta governativa, una o più controposte di chi sta all'opposizione, una qualche impennata sindacale.
C'è un ingrediente, tuttavia, che mi pare manchi totalmente nelle più svariate ricette che ci vengono proposte: è la solidarietà. Nessuna categoria, nessun ceto sociale o professionale sembra disposto a rinunciare a qualcosa per il bene comune.
Forse sono un nostalgico di Berlinguer, che,con un'impronta quasi francescana,seppe indicare lo stile di vita dell'"austerità" come risposta collettiva alla crisi economica che colpì l'Italia dopo la crisi energetica del 73, ma credo che solo un progetto radicalmente solidale può evitare che l'attuale congiutura si trasformi in dramma sociale per milioni di persone.
Sotto questo profilo, polici e sindacalisti dovrebbero cominciare a dare il buon esempio, magari convocando un "tavolo" ( come lo chiamano in gergo) per decidere assieme i tagli da operare ai privilegi ed alle prebende di cui godono.
Il compito non sarebbe nemmeno così complicato: basterebbe prendere due libri - "La casta" di G.Stella e S. Rizzo, e "L'altra casta" di S.Livadiotti - per individuare con rapidità gli interventi immediati per ridurre a livelli sopportabili per un paese civile i privilegi delle caste poliche e sindacali, quantificare i risparmi così ottenuti e destinarli ad obiettivi concreti ( per esempio nuovi ammortizzatori sociali per i precari).
Dando il buon esempio, politici e sindacalisti sarebbero davvero legittimati a chiedere ad altre categorie la rinuncia ai propri privilegi e la partecipazione ad un progetto di "solidarietà nazionale" in grado di contrastare la crisi e ridare al Paese fiducia nel futuro.
Ognuno ha la sua, e non c'è giorno senza una richiesta di categoria, una proposta governativa, una o più controposte di chi sta all'opposizione, una qualche impennata sindacale.
C'è un ingrediente, tuttavia, che mi pare manchi totalmente nelle più svariate ricette che ci vengono proposte: è la solidarietà. Nessuna categoria, nessun ceto sociale o professionale sembra disposto a rinunciare a qualcosa per il bene comune.
Forse sono un nostalgico di Berlinguer, che,con un'impronta quasi francescana,seppe indicare lo stile di vita dell'"austerità" come risposta collettiva alla crisi economica che colpì l'Italia dopo la crisi energetica del 73, ma credo che solo un progetto radicalmente solidale può evitare che l'attuale congiutura si trasformi in dramma sociale per milioni di persone.
Sotto questo profilo, polici e sindacalisti dovrebbero cominciare a dare il buon esempio, magari convocando un "tavolo" ( come lo chiamano in gergo) per decidere assieme i tagli da operare ai privilegi ed alle prebende di cui godono.
Il compito non sarebbe nemmeno così complicato: basterebbe prendere due libri - "La casta" di G.Stella e S. Rizzo, e "L'altra casta" di S.Livadiotti - per individuare con rapidità gli interventi immediati per ridurre a livelli sopportabili per un paese civile i privilegi delle caste poliche e sindacali, quantificare i risparmi così ottenuti e destinarli ad obiettivi concreti ( per esempio nuovi ammortizzatori sociali per i precari).
Dando il buon esempio, politici e sindacalisti sarebbero davvero legittimati a chiedere ad altre categorie la rinuncia ai propri privilegi e la partecipazione ad un progetto di "solidarietà nazionale" in grado di contrastare la crisi e ridare al Paese fiducia nel futuro.
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